L’AgCOM approva il regolamento in materia di equo compenso per le pubblicazioni online

23 Gennaio 2023

Lo scorso 19 gennaio, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (“AgCOM”) ha approvato, con un solo voto contrario, il regolamento in materia di determinazione dell’equo compenso per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico (il “Regolamento”), in attuazione dell’art. 43-bis[1] della l. 633/1941 (c.d. legge sul diritto d’autore).

Il Regolamento individua i criteri di riferimento per la determinazione dell’equo compenso.

In particolare, l’art. 43-bis della l. 633/1941 prevede che, per l’utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, i prestatori di servizi della società dell’informazione riconoscano agli editori un equo compenso.

La disposizione stabilisce che laddove le parti non raggiungano un accordo sull’ammontare del compenso entro 30 giorni dalla richiesta di avvio del negoziato, ciascuna di esse potrà rivolgersi all’AgCOM per la determinazione dell’equo compenso, fermo restando il diritto di adire l’Autorità giudiziaria ordinaria.

L’AgCOM, entro 60 giorni dalla richiesta della parte interessata, dovrà indicare, sulla base dei criteri stabiliti nel Regolamento, quale delle proposte economiche formulate è conforme ai suddetti criteri oppure, nel caso in cui non reputi conforme nessuna di esse, dovrà indicare d’ufficio l’ammontare dell’equo compenso.

I criteri per la determinazione dell’equo compenso

L’equo compenso dovuto agli editori dai prestatori di servizi della società dell’informazione, diversi dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa, per l’utilizzo online di pubblicazioni di carattere giornalistico è calcolato sulla base dei ricavi pubblicitari del prestatore derivanti dall'utilizzo online delle pubblicazioni di carattere giornalistico dell'editore, al netto dei ricavi dell'editore attribuibili al traffico di reindirizzamento generato sul proprio sito web dalle pubblicazioni di carattere giornalistico utilizzate online dal prestatore.

Il Regolamento, inoltre, individua criteri predeterminati attraverso cui definire l’aliquota da applicare alla base di calcolo, tra cui a titolo esemplificativo e non esaustivo:

  • numero di consultazioni online delle pubblicazioni di carattere giornalistico, in termini di visualizzazioni e interazioni degli utenti, nonché di traffico di reindirizzamento in conformità a criteri di correttezza metodologica, trasparenza e verificabilità;
  • rilevanza dell’editore sul mercato, in termini di audience online;
  • numero di giornalisti, inquadrati ai sensi del contratto collettivo nazionale di lavoro giornalistico, impiegati dall’editore per la realizzazione del prodotto editoriale;
  • costi comprovati sostenuti dall’editore per investimenti tecnologici e infrastrutturali destinati alla realizzazione del prodotto editoriale;
  • adesione di ciascuna delle parti a codici di condotta, codici etici e standard internazionali in materia di qualità dell’informazione e di fact-checking maggiormente riconosciuti;
  • anni di attività dell’editore.

Secondo il Regolamento, i criteri indicati per la valutazione dell’equo compenso sono da applicare cumulativamente e con rilevanza decrescente.

È prevista altresì un’aliquota massima attribuibile all’editore pari al 70%. Tale tetto ha l’obiettivo di rendere flessibile lo schema di determinazione dell’equo compenso, adattandolo alle esigenze delle parti e alle caratteristiche sia dei prestatori che degli editori, facilitando al contempo l'avvio delle negoziazioni.

Il Regolamento disciplina anche la determinazione dell’equo compenso dovuto dalle imprese di media monitoring e rassegne stampa. In particolare, posto che i servizi forniti da questo tipo di imprese sono caratterizzati da una strutturale dipendenza funzionale dagli editori, ma hanno un modello di business non assimilabile a quello delle piattaforme online attive nei mercati digitali, il Regolamento individua quale base di calcolo il fatturato rilevante dell’impresa di media monitoring e rassegne stampa, nonché criteri predeterminati differenti (ad es. numero di articoli riprodotti all’interno della rassegna stampa anche tramite collazione degli articoli o del servizio di media monitoring, nell'anno di riferimento; numero effettivo degli utenti finali contrattualizzati per iscritto; benefici derivanti dalla rilevanza dell’editore sul mercato di riferimento rispetto agli interessi del contraente).

L’obiettivo del Regolamento è quello di incentivare accordi tra editori e prestatori di servizi della società dell’informazione, ivi incluse le imprese di media monitoring e rassegne stampa ispirandosi alle pratiche commerciali e ai modelli di business adottati dal mercato. Il Regolamento tiene altresì in considerazione l’art. 4 del D.lgs. 208/2021 (il c.d. TUSMA), il quale include tra i principi fondamentali dei servizi di media audiovisivi e radiofonici, nonché dei servizi di piattaforma per la condivisione di video, la garanzia di diversi valori quali la tutela della libertà di espressione di ogni individuo, inclusa la libertà di opinione e quella di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza limiti di frontiere, nel rispetto della dignità umana, del principio di non discriminazione e di contrasto ai discorsi d’odio, l’obiettività, la completezza, la lealtà e l’imparzialità dell’informazione, il contrasto alle strategie di disinformazione, la tutela dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale.

Il Regolamento era stato sottoposto a consultazione pubblica con la delibera n. 195/22/CONS del 15 giugno 2022 e, pertanto, nella sua adozione ha tenuto in considerazione le osservazioni e le valutazioni emerse nel corso delle audizioni con tutti i soggetti interessati.


[1] L’art. 43-bis, introdotto con il D.Lgs. n. 177/2021, recepisce l’art. 15 della Direttiva UE n. 2019/790 (c.d. Direttiva Copyright).

Con l’art. 15, il legislatore europeo ha affrontato la questione dell’equa distribuzione del valore generato dallo sfruttamento sulla rete di una “pubblicazione di carattere giornalistico” tra gli editori (titolari dei diritti) e le piattaforme che veicolano questi contenuti online.

Lo scopo della disposizione è quello di colmare il value gap tra le piattaforme online e i titolari dei diritti sulle pubblicazioni giornalistiche.

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